Uso della terapia manuale per il Posterior Pelvic Girdle Pain

Il Posterior Pelvic Girdle Pain è definito come dolore percepito tra la cresta iliaca posteriore e la piega glutea, in particolare in prossimità dell’articolazione sacro-iliaca (SIJ). Nonostante la SIJ sia solo un singolo potenziale generatore di dolore tra i tanti in quest’area, la letteratura si è finora concentrata su di essa come la struttura primaria che può essere sottoposta a terapia manuale, tuttavia questi studi generalmente arruolano i pazienti sulla base dell’anamnesi e dell’esame fisico, risultati che si sono dimostrati non specifici per la SIJ. Quindi sebbene la letteratura esistente e questa revisione si concentrino sulla SIJ, i principi e le conclusioni potrebbero probabilmente essere ampiamente applicati al cingolo pelvico posteriore.

Tra i pazienti che presentano dolore lombare, si ritiene che dal 10% al 25% dei sintomi derivi dall’articolazione SI e sebbene l’esatta prevalenza del dolore sacroiliaco nei pazienti sottoposti a terapia manuale non sia nota, la prevalenza nei pazienti con sospetto dolore sacroiliaco che vengono sottoposti a blocchi diagnostici è riportata tra il 10% e il 40%, mentre circa il 25% delle donne soffre di dolore pelvico posteriore sia nel periodo ante- che post-partum.

La prima linea di trattamento per questi pazienti spesso prevede l’invio ad un fisioterapista, il cui piano di trattamento spesso include terapia manuale sotto forma di mobilizzazioni o manipolazioni, massaggi o altre tecniche “hands on” finalizzate a modulare il dolore, aumentare il ROM, ridurre l’infiammazione e/o migliorare l’estensibilità dei tessuti, anche se al momento le evidenze della letteratura sono conflittuali riguardo l’efficacia della terapia manuale per il dolore pelvico posteriore. L’obiettivo di questo studio è stato presentare i meccanismi e il ruolo della terapia manuale nella gestione del dolore pelvico posteriore e come i clinici possono massimizzare gli outcome con l’utilizzo di queste terapie.

Cos’è la terapia manuale
La terapia manuale ha origini antiche che affondano le proprie radici in un modello strutturale/biomeccanico del dolore, che ne giustifica l’utilizzo: si pensava che il dolore fosse causato da un’articolazione con movimento anomalo (iper- o ipomobilità), o da un tessuto connettivo che manca di mobilità, e quindi il ripristino del normale movimento avrebbe modificato il dolore. Questo presupposto ha creato numerose scuole di pensiero sulla terapia manuale, con un’ampia varietà di spiegazioni su quale struttura generi dolore e quale tecnica debba essere utilizzata per affrontarlo. Coerente in tutte queste scuole è l’applicazione di forze sul corpo o su un segmento del corpo del paziente, di solito con le mani.

Movimento dell’articolazione sacroiliaca
I dolori derivanti dalla SIJ sono stati attribuiti ai movimenti delle articolazioni pelviche, che consistono in “upslip”, “downslip” o qualche variante di nutazione dell’osso innominato rispetto al sacro, per la valutazione dei quali si eseguono una serie di complesse procedure d’esame basate sull’identificazione di alterazioni o disfunzioni di questo movimento. Tuttavia la letteratura più recente ha rivelato che, ad eccezione dei periodi ante e post-partum, la SIJ è intrinsecamente stabile, con meno di 8 mm di movimento in qualsiasi asse tridimensionale. Altri autori hanno osservato meno di 1 mm di movimento nella SIJ in tutti i piani, molto al di sotto dell’ordine di grandezza che potrebbe essere rilevato in modo affidabile o accurato attraverso la palpazione, risultati peraltro in linea con quelli seminali in cui il movimento della SIJ era stato valutato con l’analisi stereofotogrammetrica roentgen nei pazienti che avevano subito una manipolazione della SIJ: la manipolazione non aveva alterato la posizione dell’osso sacro rispetto all’ileo.

Complessivamente questi studi mostrano dunque movimenti estremamente piccoli, molto al di sotto dei livelli rilevabili, in contraddizione con la narrazione di un osso innominato che ha subito una rotazione abnorme su un altro osso e che richiede una correzione manuale. L’eccezione degna di nota è il periodo post-partum, in cui si è osservato un movimento delle articolazioni all’interno del cingolo pelvico maggiore del 32%-68% nelle donne con dolori correlati alla gravidanza, ma questo non è stato dimostrato in coorti più ampie di donne.

Esame fisico
I test per determinare il movimento della SIJ hanno mostrato un movimento minimo nell’articolazione, sia il single leg stance che lo straight leg raise provocano meno di 1º di movimento dell’articolazione misurato utilizzando l’analisi radiostereometrica, di conseguenza determinare cambiamenti nella posizione pelvica posteriore attraverso manovre d’esame non specifiche in un’articolazione che ha un movimento minimo ha una validità discutibile.

Molti dei limiti nell’identificare asimmetrie nella SIJ sono dovute alla naturale variabilità delle strutture ossee che fungono da punti di repere e alla fallibilità della palpazione. Uno studio su cadavere ha trovato che la differenza media nell’angolo tra la spina iliaca anteriore superiore e la spina iliaca posteriore superiore da un lato all’altro è di 13º+-5º, anche se non è possibile stabilire una correlazione con il dolore questo dimostra la naturale variabilità che confonderebbe le valutazioni manuali. Inoltre la validità della palpazione è ulteriormente messa in discussione da studi che indicano un’affidabilità molto bassa per questi test.

Risposta al trattamento
Considerato che il movimento della SIJ è al di sotto della soglia rilevabile per un clinico, i test di movimento sono privi di validità ed esiste un alto grado di variabilità naturale nei punti di repere palpabili, identificare disfunzioni di questa articolazione è improbabile. Questo mette in discussione le comuni spiegazioni fornite dalle scuole di terapia manuale riguardo a un problema biomeccanico che richiede una correzione manuale, tuttavia è innegabile che esista un’ampia coorte di pazienti che si presentano in cerca di cure lamentando dolore alla SIJ. Date le carenze dell’esame fisico, la differenziazione arbitraria del dolore alla SIJ dal dolore al cingolo pelvico posteriore è probabilmente inappropriata in questo gruppo, quindi, sebbene possa essere difficile valutare in modo specifico il movimento della SIJ, i pazienti con dolore al cingolo pelvico posteriore possono comunque beneficiare della terapia manuale per affrontare il dolore e facilitare un aumento della capacità di effettuare terapie attive basate sul movimento.

Attualmente non c’è un evidente consenso sul fatto che una scuola di terapia manuale sia superiore a un’altra,  infatti i risultati di sofisticate meta-analisi mostrano che, nella gestione del dolore lombare, l’81% della varianza degli esiti di dolore acuto legato alla terapia manuale è spiegato da fattori non specifici, mentre solo il 3% della varianza deriva dalla specificità di chi ha fornito gli interventi o da quali interventi sono stati forniti. Ciò suggerisce che gli effetti osservati della terapia manuale derivano da elementi non specifici che sono parte integrante della erogazione di tecniche, in contrapposizione a specifici elementi biomeccanici del trattamento. Questi effetti non specifici sono spesso considerati effetti placebo o fattori di contesto, quindi se i clinici devono usare la terapia manuale nel trattamento del dolore pelvico posteriore, devono acquisire una comprensione degli effetti non specifici associati e delle modalità con cui è possibile massimizzare tali effetti verso esiti positivi.

Lo studio dei meccanismi di efficacia della terapia manuale ha mostrato in generale che il sollievo dal dolore può essere spiegato meglio dagli effetti neurofisiologici piuttosto che dal cambiamento strutturale, quindi sebbene la terapia manuale abbia dimostrato la sua efficacia per il sollievo a breve termine dal dolore pelvico posteriore, questi effetti sono più probabilmente contestuali e non specifici. L’applicazione clinica della terapia manuale può essere quindi migliorata se tutti i meccanismi di efficacia sono meglio compresi per massimizzare gli effetti e per evitare narrazioni errate e possibilmente dannose da parte dei clinici, che possono involontariamente aumentare la paura e diminuire l’attività, come dimostrato da una meta-analisi in cui i clinici che avevano forti credenze sulla paura da evitamento erano più propensi a trasmettere queste convinzioni ai loro pazienti.

Potenziali meccanismi
I meccanismi attraverso i quali gli effetti di sollievo dal dolore si verificano dopo un intervento manuale includono la storia naturale della condizione e fattori psicosociali come il pregiudizio, l’aspettativa e l’ansia. Alcuni autori sostengono l’uso delle aspettative del paziente nell’implementazione di un trattamento di terapia manuale per il dolore con l’obiettivo di (1) promuovere una risposta fisiologica, (2) aumentare la motivazione a partecipare a un programma di trattamento, (3) condizionare un individuo a concentrarsi su aspetti specifici di un disturbo minimizzando gli altri, (4) cambiare la comprensione del paziente di un disturbo e (5) mediare l’ansia per diminuire o alleviare il dolore. Si tratta di un cambiamento di concetto nel campo della terapia manuale, dal trattamento dei tessuti disfunzionali al cambiamento dei comportamenti, delle convinzioni e dell’esperienza del dolore nei pazienti. Le evidenze continuano a dimostrare che i fattori psicosociali legati alla prognosi di un episodio di dolore sono tanto influenti nella lombalgia quanto il tentativo di individuare un generatore di dolore patoanatomico e questo può essere valido anche per il dolore pelvico posteriore.

Gli effetti della terapia manuale sono legati anche al contesto all’interno del quale si applica l’intervento: stimoli come le parole e il tono usati dal clinico durante l’incontro con il paziente, l’ambiente e la percezione della competenza del clinico influenzano le aspettative del paziente per la prossima sessione di trattamento. Il contesto terapeutico positivo ha dimostrato di ridurre l’ansia e di attivare meccanismi di ricompensa, al contrario un contesto negativo può aumentare la percezione del dolore da parte dei pazienti e avere effetti duraturi sulla disposizione emotiva dei pazienti.

Le complesse risposte fisiologiche suscitate dalla terapia manuale comportano cambiamenti nei circuiti di modulazione del dolore, nelle risposte endocrine e neuromuscolari oltre che nel sistema nervoso periferico. Spesso la motivazione biomeccanica fornita dai clinici per l’utilizzo della terapia manuale è quella di guadagnare la fiducia del paziente verso modalità più efficaci, quali l’educazione e l’esercizio. Tuttavia, questo non dovrebbe essere fatto utilizzando narrazioni inappropriate per i pazienti, come ad esempio spiegazioni su articolazioni “fuori posto” o “disallineate”, che potrebbero alimentare nei pazienti senso di fragilità, paura da evitamento e incertezza della prognosi e portare a esiti negativi nel lungo periodo.

Utilizzo della terapia manuale
Se si deve usare la terapia manuale, la comunicazione tra clinico e paziente deve sottolineare una prognosi positiva piuttosto che una diagnosi meccanica, è stato infatti dimostrato che i fattori psicosociali hanno un ruolo significativo nella prognosi del dolore alla schiena, al ginocchio e alla spalla, più importante delle anomalie strutturali identificate nella diagnostica per immagini ed è plausibile che lo stesso valga per il dolore pelvico posteriore. La narrazione della terapia manuale dovrebbe quindi essere orientata verso la definizione delle aspettative di risoluzione dei sintomi per massimizzarne l’effetto.

Pertanto prima di eseguire l’intervento, i cinici dovrebbero creare un contesto terapeutico positivo associato alle aspettative positive dei pazienti, un ascolto empatico e attivo del paziente, oltre ad eseguire un esame approfondito e a fornire la rassicurazione che non è presente nessuna patologia permanente. Inoltre il paziente deve essere coinvolto nello sviluppo del piano di trattamento e deve essere istruito sui risultati attesi, ponendo le basi per una risposta positiva all’intervento di terapia manuale.

Quando la terapia manuale viene utilizzata nel trattamento del dolore pelvico posteriore, dovrebbe far parte di un programma multimodale che comprende l’esercizio terapeutico e l’educazione del paziente. Scegliere una tecnica specifica da eseguire si basa probabilmente sul pregiudizio e sulla formazione del professionista, poiché non è evidente una chiara superiorità per il sollievo dal dolore dal confronto tra varie strategie di terapia manuale, infatti gli studi mostrano benefici sia delle tecniche di manipolazione ad alta velocità e bassa ampiezza che delle tecniche di energia muscolare e degli interventi sui tessuti molli.

Il tipo specifico di stimolo probabilmente non conta tanto quanto le aspettative del paziente, la preparazione del professionista per la tecnica, i fattori contestuali e l’alleanza terapeutica, quindi i clinici devono essere consapevoli della natura multifattoriale degli effetti della terapia manuale al fine di massimizzare i risultati del trattamento,  allo stesso modo devono essere consapevoli delle possibili conseguenze negative (ad esempio, nocebo) che possono derivare da spiegazioni imprecise e meccanicamente focalizzate sul dolore.

Quando si considera un approccio biomeccanico alla diagnosi del dolore pelvico posteriore, si deve considerare che esiste un’ampia varianza di ciò che costituisce un movimento “normale” o “ideale”, il ruolo del clinico, quando usa la terapia manuale, dovrebbe essere quello di aiutare i pazienti a trovare il pattern di movimento ideale attraverso la modificazione dei sintomi e quindi l’ottimizzazione delle prestazioni. Questo può essere raggiunto attraverso l’esposizione graduale a pattern di movimento precedentemente sensibili o lo sviluppo di nuovi pattern con cui effettuare un’attività.

Invece di percepire il paziente come un attore passivo nel trattamento a cui l’operatore fornisce terapia manuale, è necessario incorporare il paziente nel suo processo di cura attraverso un ruolo attivo. Infine, sebbene l’articolazione SI probabilmente non si muova ad un livello apprezzabile con le capacità di palpazione, il tocco terapeutico offerto dalla terapia manuale può aiutare a potenziare gli effetti neurofisiologici positivi e questo può essere utilizzato per facilitare il coinvolgimento del paziente negli interventi attivi.

Conclusioni
Secondo gli autori le evidenze relative all’applicazione della terapia manuale per il dolore pelvico posteriore sono scarse: gli studi si sono concentrati specificamente sulla SIJ, ma hanno dimostrato che gli effetti della terapia manuale non sono mediati da modifiche strutturali nell’articolazione. Il supporto alla terapia manuale deriva invece principalmente da case studies e dall’opinione di esperti, che in genere non riescono a differenziare il dolore nella SIJ dal più ampio dolore pelvico posteriore, quindi future ricerche sono necessarie per sviluppare chiari criteri di inclusione e di esclusione per i pazienti che più probabilmente ne trarrebbero beneficio.

Inoltre poiché è dimostrato che la percezione di una situazione dolorosa e le convinzioni del paziente possono essere sostenute dai clinici, la narrazione della correzione delle anomalie anatomiche potrebbe non essere appropriata. Dato che l’obiettivo del trattamento è quello di facilitare l’indipendenza del paziente e il recupero dal dolore, l’attenzione nel trattamento dovrebbe essere focalizzata su una prognosi positiva, non sulla correzione di anomalie non rilevabili che potrebbero non essere associate alla patologia. Infine i clinici dovrebbero tenere conto dei fattori di rischio psicosociale che possono influenzare la prognosi del paziente nel più ampio contesto dell’esperienza del paziente, in caso contrario si può ridurre l’effetto benefico che la terapia manuale può fornire.

Miles D, Bishop M. Use of Manual Therapy for Posterior Pelvic Girdle Pain. PM R. 2019 Aug;11 Suppl 1:S93-S97.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31020812/

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