Trattare i disturbi temporomandibolari nel XXI secolo: possiamo finalmente eliminare la “Terza Via”?

Nell’ambito dell’odontoiatria è in atto la tendenza di un progressivo avvicinamento alla professione medica in una varietà di modi: la base scientifica per le procedure di diagnosi e trattamento si basano sugli stessi principi biologici fondamentali e le attività cliniche in entrambe le professioni devono essere proposte e difese su tale base. Fin dalla formazione universitaria gli odontoiatri in tutto il mondo ricevono una crescente esposizione alle informazioni mediche, che dovrebbe influenzare sia il modo in cui i pazienti sono valutati sia portare a protocolli di cure odontoiatriche che tengano conto di tali informazioni.

Le due discipline odontoiatriche post-laurea con la più profonda e la più sofisticata relazione con la professione medica sono la medicina orale e il dolore orofacciale, all’interno del quale il gruppo più comune di condizioni è costituito dai disturbi temporomandibolari (TMD), un insieme diversificato di condizioni muscoloscheletriche che coinvolgono le articolazioni temporomandibolari (ATM) e le strutture correlate. Questo gruppo di disturbi è molto simile alle condizioni patologiche e funzionali comunemente osservate nella medicina ortopedica, di conseguenza ci si potrebbe aspettare che i principi della diagnosi e del trattamento ortopedici giochino un ruolo significativo nella gestione clinica dei pazienti con TMD. Tuttavia, a differenza della maggior parte delle altre comuni condizioni di dolore orofacciale, i TMD si sono distinti per una storia di controversie che risalgono a quasi cento anni fa che continuano ad avere un effetto nocivo sulle pratiche di cura di questi soggetti.

Questo articolo discute i tradizionali approcci della medicina ortopedica alla gestione dei problemi ortopedici, descritto come il modello “A Due Vie” (“Two-Pathway”): le strategie di gestione dei soggetti in ambito clinico fanno parte di un gruppo di trattamento conservativo oppure chirurgico. L’approccio medico conservativo include diverse modalità non invasive e molte strategie di autogestione, l’altro approccio è invece quello chirurgico, nel quale possono essere utilizzate una varietà di procedure. In ogni caso non si tratta di un modello binario di scelta, ma piuttosto un continuum o uno spettro di possibili approcci clinici sia alla diagnosi che al trattamento, con l’utilizzo di molte ragionevoli combinazioni e compromessi tra questi due approcci mentre i medici si occupano di ogni singolo caso.

Invece nell’ambito della professione dentale per quanto riguarda i TMD è stato creato un altro approccio, indicato come “terza via” (“Third Pathway”), in cui nessuno dei precedenti approcci gioca un ruolo importante e che si basa su 3 presupposti:

1. La relazione mandibola-cranio a livello dei condili potrebbe non essere “buona” (descritta anche come disallineata, mal posizionata, acquisita, non ideale, subottimale, eccetera).

2. Questa relazione può essere analizzata mediante una varietà di cosiddetti metodi “diagnostici”, che vanno dalla pressione sul mento alle misurazioni utilizzando sofisticati dispositivi elettronici.

3. Se il rapporto della mascella è considerato “cattivo”, può essere migliorato con una varietà di tecniche odontoiatriche irreversibili, che vanno dagli aggiustamenti occlusali alla chirurgia ortognatica.

Secondo gli autori va sottolineato che nessun’altra articolazione umana è discussa in questi termini all’interno della comunità medica ortopedica. Nessun medico ortopedico mette in dubbio se il ginocchio o la spalla siano nel posto giusto o allineati correttamente, o se il femore sia correttamente inserito nell’acetabolo. Inoltre, non esistono protocolli di trattamento ortopedici specifici progettati per riposizionare permanentemente qualsiasi altra articolazione in una sorta di relazione “migliore”. Pertanto è chiaro che questa “terza via” è una creazione concettuale unica e artificiale che nasce dalla professione odontoiatrica, basata su un punto di vista biologico e meccanico che gli autori intendono sfidare, dimostrando in base all’esame delle evidenze disponibili che è tempo di abbandonare questo approccio e di andare avanti nel campo dei TMD.

Perché la Professione Dentale ha creato una Terza Via?
Stabilire una diagnosi. Forse l’articolazione temporomandibbolare (ATM) potrebbe avere alcune caratteristiche uniche che rendono possibile, e persino attraente, analizzare i pazienti con TMD nella cornice teorica di malposizionamento-riposizionamento per la diagnosi o il trattamento dei disturbi articolari, a differenza di altre specializzazioni mediche. La caratteristica anatomica più evidente è il fatto che nessun’altra articolazione ha un meccanismo di arresto definitivo esterno alle strutture articolari, che si verifica quando i denti mascellari e mandibolari (che si trovano a diversi centimetri di distanza dall’ATM) si incontrano nella massima intercuspidazione (MIP). Nelle dentature sane i denti si incontrano in modo preciso e ripetibile e questo evento determinerà con grande precisione dove finirà il condilo mandibolare rispetto al cranio quando la bocca sarà completamente chiusa. Di conseguenza quando i pazienti hanno iniziato a riferire al loro dentisti del XX secolo sintomi che coinvolgevano la regione dell’ATM, non era del tutto irragionevole ipotizzare che i problemi di articolazioni e muscoli fossero causati da qualche disallineamento dell’occlusione dentale. Stranamente questo tipo di pensiero è nato dai primi lavori di un otorinolaringoiatra di nome Costen, il quale ha osservato che molti pazienti che riportavano dolore facciale erano parzialmente o completamente edentuli e pensava che l’eccessiva chiusura mandibolare fosse la ragione per lo sviluppo dei sintomi. Successivamente le teorie sulla disarmonia occlusale e scheletrica proposte da molti odontoiatri sono state per lo più variazioni su questo tema, con la macro-overclosure sostituita da una varietà di mini-disarmonie (interferenze occlusali, morsi profondi, morsi incrociati, eccetera), argomento sul quale molte revisioni narrative e sistematiche negli ultimi dieci anni hanno espresso commenti.

La possibilità di misurare ​​le relazioni occlusali con molte tecniche cliniche ha portato questo tipo di pensiero meccanicistico a una varietà di procedure analitiche, che andavano da semplici manipolazioni del mento fino a registrazioni complesse. Questi approcci sono stati proposti per scopi diagnostici nonostante il fatto che non esistessero valori di base o intervalli di normalità per determinare quale dovrebbe essere una posizione del condilo “buona” o “cattiva”. Tutti questi sistemi di misurazione e valutazione avevano un pregiudizio incorporato su ciò che era biologicamente accettabile in modo che i medici potessero esprimere in diversi modi giudizi sui risultati.

Trattamenti basati sulla diagnosi. Una volta accettata l’idea che alcune caratteristiche “negative” di MIP di un paziente potessero essere un importante fattore eziologico nello sviluppo di TMD, era quindi logico utilizzare varie tecniche e procedure dentali per “correggere” tale relazione, modificando in modo permanente la posizione originale dell’ATM. In alcuni casi questo approccio irreversibile è stato l’unico trattamento fornito, senza precedenti tentativi di alleviare il dolore, ridurre l’infiammazione o la tensione dei muscoli doloranti. Altri medici, invece, hanno preferito iniziare il loro trattamento di TMD con varie misure conservative (come farmaci, terapie fisiche, assistenza domiciliare, eccetera) per alleviare i sintomi e identificare una presunta posizione mandibolare “ideale” prima di iniziare qualsiasi trattamento irreversibile, approccio noto come metodo Fase 1–Fase 2 e comprendente un’ampia varietà di procedure di trattamento. Tra gli approcci (con o senza una Fase 1) che portano a modifiche irreversibili della dentatura, possono essere eseguiti un aggiustamento occlusale completo, può essere iniziata una correzione ortodontica completa o potrebbe essere eseguita una ricostruzione completa della bocca. In genere il trattamento più comunemente usato in questo quadro meccanicistico è l’approccio con dispositivo orale (splint) perché si sostiene che la risposta a tale trattamento determini quali passi successivi devono essere intrapresi. Questi apparecchi sono stati variamente descritti come rilassatori muscolari della mascella, deprogrammatori, dispositivi di scarico per l’articolazione o per l’apertura del morso, in modo da stabilire una nuova dimensione verticale dell’occlusione (VDO) e altre etichette basate sui concetti personali di ciascun clinico. Poiché la MIP in tutte queste procedure veniva temporaneamente alterata usando uno splint, qualsiasi risposta positiva in termini di miglioramento sintomatico è stata vista come un indicatore della validità della diagnosi iniziale e della teoria eziologica, quindi della necessità di apportare modifiche permanenti alla posizione della mascella in base alla nuova relazione occlusale/mascellare. In breve, l’intero quadro concettuale della Terza Via era basato sul ragionamento circolare con teorie di trattamento autoreferenziate basate sull’interpretazione dei “reperti diagnostici” prodotti utilizzando varie procedure e protocolli diagnostici non provati.

Cosa dice la letteratura a proposito della “Terza Via”?
Per la maggior parte del XX secolo, la letteratura odontoiatrica ha descritto le procedure di cui sopra in termini di concetti e protocolli clinici piuttosto che presentando studi e trial clinici controllati, con attenzione focalizzata su condizioni di dolore miogeno e artrogenico, con poca o nessuna attenzione al disco articolare. Verso la fine del secolo scorso, l’attenzione si è spostata maggiormente sul tema degli spostamenti del disco dell’ATM e gli articoli hanno cominciato a concentrarsi su come trattare queste condizioni. Tralasciando le centinaia di vecchi casi clinici e documenti aneddotici che trattano di splint e metodi di riposizionamento della mascella descritti precedentemente per il trattamento del dolore muscolare e articolare, il focus di questa revisione della letteratura è stato un angolo specifico dell’universo TMD, l’approccio della Terza Via per ricatturare dischi dislocati anteriormente, al fine di dimostrare come questo modello ha influenzato la pratica clinica nel campo della TMD. Con questo obiettivo è stata eseguita una revisione sistematica nel database Medline nel 2019, per identificare studi clinici che hanno confrontato l’efficacia del trattamento delle strategie di riposizionamento permanente della mandibola (MR) con qualsiasi altra modalità di trattamento per i pazienti con dislocazione del disco dell’ATM. In generale, gli studi sulle strategie di riposizionamento sono limitati ai primi articoli sull’uso di apparecchi di riposizionamento anteriore (AR) che mirano a ricatturare il disco e migliorare i sintomi in pazienti con dislocazione discale con riduzione. Alcune indagini hanno riscontrato che i suoni articolari possono essere ridotti maggiormente con apparecchi AR che con apparecchi piatti, tuttavia non è disponibile alcuno studio in letteratura che confermi la superiorità a lungo termine di qualsiasi strategia definitiva di riposizionamento del disco rispetto agli approcci conservativi per la gestione del dolore in questi casi. Oltre 30 anni fa, alcuni autori avevano suggerito che le strategie di AR non tenessero conto delle caratteristiche tridimensionali dell’articolazione, ignorando anche il fatto che fattori diversi dalla posizione del disco contribuiscono ai sintomi di dolore. Inoltre, il progressivo incremento delle conoscenze sul decorso naturale dei clic dell’ATM ha dimostrato che la maggior parte non progredisce verso un disturbo dell’ATM più grave. Insieme alle osservazioni emergenti secondo cui la dislocazione del disco è spesso accompagnata da cambiamenti morfologici adattativi (specialmente nei tessuti retrodiscali), ciò ha smantellato il fondamento logico del trattamento mirato alla ricattura del disco, diminuendo così le potenziali indicazioni per l’uso di apparecchi AR.

Quindi le evidenze disponibili suggeriscono che l’approccio della Terza Via per riposizionare l’ATM non ha dimostrato di essere necessario per trattare semplici problemi muscolari o disturbi articolari, né per il trattamento a lungo termine delle condizioni di dislocazione del disco, neanche dopo decenni di pratica. Sembra quindi ragionevole, in assenza di queste evidenze, discutere invece della possibile utilità clinica della Terza Via in termini di valutazione di necessità medica e plausibilità biologica.

Necessità medica e plausibilità biologica. Se la Terza Via sia veramente valida e utile come approccio terapeutico per segni e sintomi di TMD, dovrebbe essere possibile dimostrare attraverso la ricerca clinica che questo approccio non solo è biologicamente plausibile, ma anche che produce risultati positivi che non possono essere raggiunti con altri mezzi per alcuni o tutti i pazienti con TMD. Un recente articolo di Greene e Obrez ha discusso sei criteri per necessità medica e ha concluso che il concetto di riposizionamento mandibolare non ne soddisfaceva in modo sufficiente nessuno:

1. La condizione medica (ad esempio malposizionamento mandibolare) non è generalmente riconosciuta come un valido problema di salute o malattia.

2. I test diagnostici utilizzati per valutare se il paziente ha questa condizione non sono validati con specificità e sensibilità accettabili.

3. Le condizioni del paziente non peggioreranno a meno che non venga eseguita una specifica procedura della Terza Via.

4. Le procedure cliniche richieste per la MR non hanno specificità per affrontare il problema particolare del paziente (ad esempio sintomi di TMD).

5. Le procedure non sono clinicamente efficaci per la gestione dei problemi di TMD secondo criteri basati sull’evidenza (potrebbero essere efficaci per altri motivi, come gli effetti placebo o le fluttuazioni naturali).

6. Non è stato dimostrato che la maggior parte dei TMD non possa essere generalmente risolta eseguendo procedure meno invasive che potenzialmente hanno un elevato rapporto rischio-beneficio.

Si potrebbe pensare che studi comparativi ben controllati avrebbero potuto valutare se un gruppo di pazienti con TMD trattati con terapie conservative mostra risultati migliori o peggiori rispetto a un altro gruppo a cui era stato somministrato un trattamento con MR, ma nessuno studio di questo tipo è mai stato pubblicato ed è dubbio che un comitato di revisione di qualsiasi istituzione accademica approverebbe tale studio oggi alla luce delle attuali conoscenze. Tuttavia, l’articolo di Greene e Obrez non esclude la possibilità che alcuni pazienti necessitino di importanti modifiche occlusali per una serie di ragioni dentali, ad esempio una persona che ha avuto una forma grave di artrite degenerativa dell’ATM (ad esempio artrite reumatoide giovanile, riassorbimento condilare idiopatico) dovrà certamente avere una nuova occlusione una volta stabilito che la malattia primaria è sotto controllo, ma nessuno di questi scenari è correlato alle comuni forme artrogene o miogene di TMD, quindi dovrebbero essere discussi sotto la rubrica dell’odontoiatria convenzionale.

Esistono sottogruppi di pazienti con TMD che potrebbero aver bisogno di un trattamento di terzo percorso?
Poiché i TMD sono un gruppo eterogeneo di problemi clinici, non esiste un protocollo di trattamento unico per la gestione di tutti i tipi di pazienti, soprattutto considerando la complessa interfaccia tra i reperti di Asse I (ad esempio disturbi muscolari o articolari) e Asse II (ad esempio, problemi psicosociali). Questa realtà è stata ben individuata nella letteratura del XXI secolo su questi argomenti: pubblicazioni come Diagnostic Criteria for TMD (DC/TMD), le linee guida dell’American Association of Orofacial Pain (AAOP), American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons (AAOMS) Parameters of Care e le raccomandazioni dell’European Academy of Orofacial Pain and Dysfunction (EAOPD ) forniscono molte informazioni ai medici su come affrontare questa varietà di sfide cliniche, mentre nessuno di questi documenti o linee guida sostiene l’approccio della Terza Via, come discusso in questo documento.

Ciò nonostante, sembra opportuno chiedersi: esiste un sottogruppo di pazienti con TMD che potrebbe avere una relazione condilo-fossa mal posizionata che trarrebbe beneficio dall’approccio della Terza Via al trattamento? Un modo per fornire una risposta sarebbe compilare un elenco di sintomi soggettivi che indicherebbero la necessità di un trattamento per la MR, ma fino ad ora nessun gruppo rispettabile di ricercatori o clinici ha prodotto un tale elenco. Invece quando si discutono i cosiddetti segni e riscontri oggettivi, emerge un’immagine diversa: ad esempio la manipolazione della mandibola potrebbe produrre un riscontro di relazione centrale (CR) che non coincide con la MIP dei denti del paziente, oppure in maniera simile le macchine “diagnostiche” elettroniche possono trovare una discrepanza tra CR “neuromuscolare” e MIP, mentre le immagini radiografiche possono mostrare una posizione condilare che sembra “sbagliata”. Analogamente uno splint deprogrammante può produrre risposte muscolari che consentono ai condili di posizionarsi più indietro o in avanti rispetto alla loro posizione originale. Però tutti questi risultati sono autoreferenziali: si basano sulle ipotesi originali che hanno portato il clinico a fare quel tipo di valutazione e non sorprende che ci sia una completa assenza di letteratura a sostegno di queste teorie. Quindi questo tipo di logica circolare non può essere citato come prova che il paziente ha un’ATM mal posizionata e richiederà modifiche occlusali irreversibili per correggerla.

Un altro argomento comune a sostegno della necessità di MR deriva da risposte positive alla terapia di applicazione orale (OA): negli anni ’70, Ramfjord e Ash affermavano che il successo della terapia di OA dimostrava che l’occlusione era la causa originale dello sviluppo di una condizione di TMD e che questa prova era sufficiente per giustificare un’equilibratura irreversibile e le procedure di riparazione. Argomenti simili sono stati usati per gli apparecchi di apertura dei morsi in soggetti che si presume abbiano una perdita di VDO (o “collasso del morso”) e che quindi avrebbero bisogno di un lavoro occlusale di apertura del morso se con il trattamento OA i sintomi erano migliorati. Solo negli ultimi trenta anni del XX secolo i ricercatori cominciarono a dimostrare che le risposte positive alla terapia di OA non richiedevano una seconda fase di trattamento dentale irreversibile. Di conseguenza, l’idea di considerare OA principalmente come dispositivo ortotico per alleviare i sintomi è diventato ampiamente accettato e rimane il razionale standard tra gli esperti di TMD oggi.

Infine, c’è l’argomento secondo cui la mancata risposta ai trattamenti conservativi attualmente raccomandati per TMD, forniti all’interno di un quadro teorico biopsicosociale, potrebbe essere la giustificazione per “intensificare” le forme più aggressive di trattamento, come accettato in molte aree del sistema a due vie della pratica medica, anche se non può essere applicato a tutti i tipi di condizioni mediche, ad esempio nessun tipo di mal di testa che sarebbero migliorato o eliminato da un qualche tipo di intervento chirurgico. D’altra parte, in campo ortopedico esistono molti esempi di escalation dal trattamento conservativo a una varietà di trattamenti più aggressivi., ma questo si applica quasi interamente alle condizioni artrogene o alle condizioni del disco inetrvertebrale e delle radici nervose, non ai disturbi miogeni più comuni.

Per quanto riguarda l’ATM, la chirurgia può essere un approccio di prima scelta indicato per disturbi articolari selezionati piuttosto che un tentativo aspecifico di seconda fase per fornire sollievo dal dolore. Tuttavia, non è rara la mancata risposta a una varietà di procedure cliniche ben condotte (p. es., farmaci, fisioterapia, autogestione o OA) per il trattamento di condizioni sia artrogene che miogene nei pazienti con dolore da TMD. Quando i sintomi di origine miogena (sia  condizioni locali che generali, come la fibromialgia) sono il problema principale, non è disponibile alcuna opzione chirurgica da utilizzare come “escalation” per il trattamento, ma sfortunatamente la Terza Via offre ai dentisti un’alternativa per valutare e trattare questi pazienti, indipendentemente dalla natura dei problemi.

Quali sono i rischi delle procedure di trattamento del terzo percorso?
Qualsiasi serie di protocolli di trattamento irreversibile potrebbe comportare qualche rischio,  in ambito medico nel  rapporto rischio/beneficio spesso si può sostenere che i benefici potenziali supereranno molto probabilmente i rischi. In molti casi, un problema medico specifico può richiedere l’uso di terapie irreversibili e i rischi dovranno semplicemente essere spiegati al paziente come parte del processo di consenso informato. Quindi bisogna domandarsi in quale parte del rapporto  rischio/beneficio ricade l’approccio della Terza Via.  Data le scarse evidenze di questo approccio e l’esistenza di trattamenti maggiormente conservativi per la gestione dei TMD, il seguente elenco di risultati dovrebbe essere seriamente considerato:

• Lo sviluppo di consapevolezza occlusale/disestesia/ipervigilanza non è raro nei pazienti che sono stati sottoposti a estese procedure di modifica dell’occlusione, indipendentemente dal fatto che si trattasse di processi dentali di routine, come l’ortodonzia o la ricostruzione completa della bocca, o per il trattamento di TMD. Nonostante il fatto che non esiste un modo garantito per ristabilire l’occlusione originale, questi pazienti spesso diventano ossessivi nel perseguire vari tipi di trattamento occlusale.

• I trattamenti chirurgici o occlusali per riposizionare la mandibola possono essere tentati in pazienti che hanno principalmente TMD miogeni o qualche altra forma di dolore orofacciale riferito all’area dell’ATM. Questo di solito produrrà non solo un mancato miglioramento, ma anche una probabilità di peggiorare l’intera situazione di dolore facciale.

• C’è una tendenza per i problemi di dolore periferico a diventare nel tempo problemi di sensibilizzazione centrale. Ritardi nel fornire un trattamento appropriato o sprecare tempo e risorse su un approccio di Terza Via spesso porteranno a questo tipo di esito negativo. Questo può portare alla cronicizzazione del dolore, i cui predittori purtroppo sono limitati, ma è noto che diagnosi errate, trattamento insufficiente, ritardi nel trattamento, incapacità di affrontare la disabilità psicologica e trattamenti invasivi multipli ne aumentano il rischio di sviluppo. Dato che i trattamenti della terza Via vengono solitamente effettuati per un tempo abbastanza lungo, questo si aggiunge al loro potenziale di aumentare questo rischio.

• Molti pazienti hanno riportato un peggioramento del dolore a causa degli aspetti di cambiamento del morso e riposizionamento della mandibola del trattamento di Terza Via. Questo tipo di complicazione secondaria probabilmente renderà ancora più difficile risolvere la situazione clinica.

Perché la Terza Via continua ad essere ampiamente utilizzato nel campo TMD?
Nonostante la mancanza di supporto scientifico, concetti e trattamenti basati sulla Terza Via non sono stati ancora completamente abbandonati nella medicina del dolore orofacciale, al contrario sono ancora ampiamente accettati e utilizzati clinicamente da molti membri della comunità dentale. Ci sono almeno sei ragioni per questa situazione paradossale: (1) il tipo di malattia; (2) storia dei primi concetti; (3) credenze culturali; (4) ragioni sociali; (5) il mercato degli esperti autoproclamati e (6) questioni finanziarie.

Tipo di malattia. Come discusso nelle sezioni precedenti sulla diagnosi e il trattamento, i segni e sintomi di TMD sono tipicamente fluttuanti e per lo più auto-limitanti, come nel caso di molte altre condizioni muscolo-scheletriche. All’interno del modello a due vie il trattamento è fornito principalmente sotto forma di gestione dei sintomi e vi è molta sovrapposizione tra molti degli approcci di trattamento diretti all’ATM o al sollievo dal dolore muscolare. Molti pazienti con TMD migliorano indipendentemente dallo specifico approccio terapeutico, mentre una minoranza di pazienti progredisce verso la cronicità o la persistenza dei sintomi, suggerendo che sono vulnerabili a una scarsa risposta a qualsiasi intervento. Secondo studi recenti ci sono alcuni fattori determinanti per spiegare tali risultati, ma sono difficili da identificare nelle prime fasi della situazione clinica, quindi, almeno in una certa misura, il risultato del trattamento è ottenuto “per caso”, cioè indipendentemente dalle presunte ragioni causali. Questo ha importanti implicazioni per approcci di Terzo Via che richiedono modifiche irreversibili dell’occlusione dentale e del posizionamento del condilo all’interno della fossa dell’ATM, perché si basano sulla falsa premessa che tale trattamento è indicato se il paziente ha risposto bene all’iniziale trattamento reversibile. Quando il miglioramento clinico è prodotto da questo approccio Fase 1–Fase 2, sia il dentista che il paziente possono essere persuasi che l’intero pacchetto di trattamento sia necessario e responsabile del risultato positivo.

Tali paradossi sono ben noti agli esperti di TMD e professionisti di dolore orofacciale, infatti la maggior parte dei trattamenti attualmente raccomandati condivide diversi obiettivi comuni: nel dominio fisico, c’è un focus sul ripristino della funzionalità della mandibola, il raggiungimento della stabilità dentale e ortopedica e il sollievo dal dolore. Nel dominio psicosociale, miglioramento della qualità della vita, riduzione del disagio psicologico e miglioramento nella disabilità correlata al dolore sono obiettivi fondamentali indipendenti dalla diagnosi dell’Asse I. A causa del decorso naturale generalmente benigno e della buona remissione con regimi di autotrattamento lievi, il miglioramento può essere parzialmente attribuito alla familiare “regressione verso la media”, cioè la tendenza per i sintomi iniziali gravi a migliorare nel tempo.

Queste osservazioni sono supportate in parte dal vedere pazienti in “lista d’attesa” in alcuni studi clinici che migliorano nonostante non abbiano ancora ricevuto alcun trattamento, oltre ai recenti progressi neurofisiologici che riconoscono l’effetto placebo come trattamento attivo, i cui effetti positivi sono legati alle aspettative del paziente e vanno ben oltre il semplice effetto psicologico sull’atteggiamento del paziente verso la malattia. Al momento non ci sono strumenti per prevedere i profili dei responder al placebo, ma si potrebbe ipotizzare che soggetti con alti livelli di disagio psicologico e certi profili di personalità, come osservato in molti pazienti con TMD cronica, possano essere candidati per una buona risposta al placebo.

Storia dei primi concetti dell’ATM. Purtroppo, l’impatto dell’originale teoria di Costen sulla chiusura eccessiva della mandibola e sul malposizionamento è ancora viva e vegeta 85 anni dopo la sua proposta, per cui non è raro che un esperto di dolore orofacciale riceva pazienti che vengono indirizzati da alcuni medici generici o altri professionisti non dentali a causa della presenza della sindrome di Costen. Per quanto riguarda la stessa professione odontoiatrica, la figura dello “gnatologo” come odontoiatra che si prende cura delle disfunzioni mascellari correggendo problemi meccanici nella posizione dente-mandibola è un mito che dovrebbe essere superato. Oggigiorno, la fisiologia stomatognatica è un campo molto più ampio rispetto alla visione gnatologica classica dei concetti meccanici di CR e calchi in gesso per la diagnosi di presunte disfunzioni. In base a questo è consigliabile che le accademie internazionali e gli esperti/membri di associazioni riconosciute debbano tentare di aumentare la conoscenza trasversale degli specialisti su questo problema, come già avviene in vari gruppi nazionali e internazionali sul dolore (ad es., International Association for the Study of Pain [IASP], International Association for Dental Research/International Network for Orofacial Pain and Related  Disorders Methodology [IADR/INfORM]), ma non nella maggior parte delle specialità dentali o in altre discipline.

Credenze culturali. Un effetto collaterale di questa eredità storica è la diffusa convinzione culturale che il dolore al viso dipenda da qualcosa che non va nella posizione denti-mandibola e da altre teorie meccaniche simili, di conseguenza la stragrande maggioranza dei pazienti che richiedono un consiglio sui TMD crede ancora di avere qualche tipo di malposizionamento mandibolare o disallineamento dei denti.

Questioni sociali. Una possibile ragione per cui alcuni pazienti continuano a credere nella Terza Via è che a volte le persone hanno paura di ammettere problemi emotivi e psicologici, per cui non è raro che un paziente con dolore da TMD per tensione muscolare correlata alla sensibilità allo stress preferisca dare credito a qualche teoria meccanica invece di discutere questioni interiori. Il fatto che molti pazienti con dolore cronico si presentino spesso con una storia medica complessa, oltre alla presenza di condizioni di comorbidità (ad esempio cefalea, sindrome dell’intestino irritabile, gastrite, dismenorrea, disturbi affettivi), complica ulteriormente la loro interazione con il dentista. Pertanto, invece di discutere di questi problemi con il proprio dentista, il che potrebbe creare una fondamentale collaborazione terapeutica di condivisione delle responsabilità con il caregiver, questi pazienti possono tendere a vedere il dentista solo come la figura professionale che deve trovare una soluzione meccanica per risolvere il problema.

Mercato degli esperti autoproclamati. L’era corrente della pratica odontoiatrico è caratterizzata da un positivo scambio di conoscenze tra professionisti con competenze diverse, in molti paesi le principali accademie organizzano annualmente eventi multidisciplinari per facilitare la comunicazione tra esperti e fornire una migliore gestione dei pazienti in ambito clinico, strategie efficaci per creare un circolo virtuoso e migliorare la qualità della professione Sfortunatamente la situazione è abbastanza diversa quando si tratta di relatori “esperti” sui TMD in vari congressi o riunioni, nelle quali un pubblico di dentisti può essere esposto ad alcuni concetti eccellenti e attuali da parte di alcuni oratori, mentre altri possono essere esposti a teorie obsolete e molto personalizzate, con affermazioni aneddotiche di professionisti senza alcuna formazione certificata in TMD e/o dolore orofacciale.

Questioni finanziarie. Per anni, l’ATM è stata scherzosamente denominata “the money joint”: esperti autoproclamati hanno organizzato corsi sui dogmi occlusali e hanno venduto terapie della Terza Via che possono produrre migliaia di euro per i dentisti che seguono i loro insegnamenti. Inoltre, ci sono molte accademie, istituti e gruppi di studio che esistono per promuovere gli approcci della Terza Via alla gestione dei TMD. Sarebbe comunque interessante vedere una futura discussione basata sui concetti emergenti di marketing e produttività dentale: potrebbero essere presentati argomenti a sostegno dell’idea che fornire gli attuali trattamenti standard di cura dei TMD (cioè, gli approcci conservativi) possa essere ancora più produttivo in termini di reddito rispetto alla correzione dell’occlusione dentale, infatti nonostante la grande quantità di denaro che un approccio di restauro completo della bocca basato sulla Terza Via può generare, un’analisi dei costi (ad esempio tecnici di laboratorio, materiali, personale, tempo totale necessario [costo per ora]) sarebbe interessante per valutare il reale vantaggio finanziario derivante dal seguire questo approccio. Ad esempio, le analisi di marketing potrebbero valutare l’efficacia clinica può  fornire un regime di cura ideale basato su una semplice somministrazione di apparecchi piatti in aggiunta a tre-cinque sessioni di 30 minuti di terapia cognitivo-comportamentale in confronto agli approcci  della Terza Via che impiegano anni di tempo non necessario per ogni paziente. Allo stato attuale, le differenze da paese a paese in termini di mercati assicurativi rendono difficile fornire un quadro globale, ma ogni possibile sforzo su questa delicata questione potrebbe rivelare informazioni che possono contribuire a scoraggiare approcci irreversibili.

Conclusioni
In questo articolo, il termine “Terza Via” è stato introdotto come un’etichetta abbreviata per il metodo tradizionale di gestione dei TMD, che include valutazioni diagnostiche di relazioni occlusali e scheletriche dell’ATM come probabili fattori eziologici di varie condizioni di TMD, portando a una varietà di terapie per il cambiamento del morso o riposizionamento della mandibola, basate su concetti e procedure uniche della professione dentale e ATM, poiché nessun’altra branca della medicina ortopedica utilizza questi approcci per altre articolazioni del corpo.

Negli ultimi 50 anni, tuttavia, questi concetti sono stati messi in discussione da due differenti direzioni: molti studi mettono in dubbio la validità o l’utilità di questi cosiddetti risultati “diagnostici” (ad esempio, relazioni occlusali o articolari “buone” o “cattive”) ed è emersa una linea di ricerca separata in cui i ricercatori hanno completamente ignorato la Terza via e hanno invece utilizzato il modello di trattamento conservativo/chirurgico (approccio Two-Pathway) per diagnosticare e trattare i TMD. Questo approccio ha incluso anche il modello biopsicosociale per comprendere gli aspetti comportamentali e l’impatto dei problemi di dolore cronico, in modo che le professioni odontoiatriche e mediche hanno cominciato a convergere sulle questioni che circondano la gestione dei TMD come un’altra area di gestione del dolore, evitando gli aspetti irreversibili della Terza Via.

Secondo gli autori, entrando nella terza decade del XXI secolo, le evidenze fornite in questo e tanti altri articoli dovrebbero essere sufficienti per sostenere l’abbandono della Terza Via, in quanto si tratta di un modello che porta a procedure di trattamento irreversibili ma non può essere provato che sia teoricamente valido e clinicamente efficace, mentre il sistema più conservativo “A Due Vie” è sostenuto da evidenze sufficienti per giustificarne l’uso di routine nella pratica dentistica.

Greene CS, Manfredini D. Treating Temporomandibular Disorders in the 21st Century: Can We Finally Eliminate the “Third Pathway”? J Oral Facial Pain Headache. 2020 Summer;34(3):206-216.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32870949/

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