Rassicurazione e outcome: una revisione sistematica

Nel panorama sanitario, soprattutto all’interno del setting clinico del medico di medicina generale, è necessario saper dosare in maniera opportuna la propria comunicazione attraverso una rassicurazione efficace. Questa peculiarità è ancor più importante qualora si presentino all’attenzione del clinico pazienti con dolori non specifici, riconducibili a disordini con eziologia e prognosi incerte.

La rassicurazione può considerarsi efficace qualora riesca a integrare sia la componente di comunicazione emotiva/affettiva (instaurazione del rapporto tra clinico e paziente mostrando empatia verso la problematica riportata), che cognitiva (spiegazione del disordine ed educazione nella gestione e risoluzione) nella pratica clinica quotidiana. Essa, inoltre, ha la capacità potenziale di migliorare la prognosi e gli outcomes del paziente diminuendo, di conseguenza, i costi per il sistema sanitario.

Gli autori, per chiarire e codificare cosa fosse la rassicurazione, hanno utilizzato la definizione di Linton et al 2008: “la garanzia che un paziente sia rassicurato si ottiene quando i comportamenti, le conoscenze e i pensieri errati vengono modificati dalle capacità rassicuranti del professionista”.

La rassicurazione, per considerarsi effettiva, deve essere quantificata attraverso misure di outcome che prendano in considerazione il miglioramento delle strategie di coping così come la gestione del problema. La suddivisione della comunicazione, nelle componenti affettive e cognitive, è stata ripresa dalla pubblicazione di Coia e Morley 1998.

Gli autori, tramite questa revisione, hanno cercato di studiare quale fosse il livello di evidenza nell’interazione tra rassicurazione efficace e miglioramento degli outcomes nei pazienti con determinati disordini non specifici. Sono stati selezionati articoli provenienti da studi di coorti prospettiche relativamente al sottogruppo del “primary care” (medicina generale), settore dove più facilmente si possono riscontrare quadri clinici non sempre ben definiti e il bisogno di aiuto e supporto da parte del paziente può essere elevato.

I criteri d’inclusione riguardavano soggetti con dolore non specifico (lombalgia, fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile, dolore inspiegabile al petto presenti singolarmente o combinati tra loro). Sono stati esclusi, invece, coloro che richiedevano un costante monitoraggio e intervento sanitario, come ad esempio pazienti con diabete, cancro, artrite reumatoide, problematiche odontoiatriche, disordini psichiatrici.

Una prima analisi è stata effettuata su Medline e PsycInfo con date di riferimento dal 1979 a novembre 2010 utilizzando termini quali “pain and reassurace”, “pain and communication skills” e “pain and practioner-patient relationship” presenti nel titolo e nell’abstract. Una seconda ricerca, effettuata in maniera sistematica seguendo le raccomandazioni del “Centre for Reviews and Dissemination”, ha incluso studi pubblicati dal 1979 a ottobre 2012 presenti su Medline, PsycInfo, PsycExtra e ProQuest Dissertation and Theses. Gli autori hanno codificato l’atto della visita identificando, all’interno di essa, le componenti emotive/affettive e quelle cognitive della comunicazione.

La rassicurazione emotiva comprendeva: contenuti di comunicazione verbale e non; atteggiamento premuroso, cordiale ed amichevole verso il paziente; empatia; riconoscimento di eventuali segnali di sofferenza e capacità di offrire rassicurazioni come “non penso tu debba preoccuparti”.
La rassicurazione cognitiva includeva componenti quali: spiegazione dei sintomi; chiarire l’esclusione di patologie gravi; settaggio in comunione degli obiettivi da perseguire; accordo sulle opzioni di trattamento; discussione su prognosi, cure future e individuazione di potenziali fattori ostacolanti la risoluzione del problema; riepilogo di accertamento sulla reale comprensione del problema da parte del paziente.

I risultati, provenienti da 16 articoli a partire da una lettura iniziale di 16059 abstract, avevano evidenziato come la rassicurazione di tipo cognitivo fosse migliore rispetto alla comunicazione affettiva per quanto riguardava gli outcomes studiati sia subito dopo il consulto che ai follow-up successivi.

Evidenze provvisorie, provenienti da questa review, suggeriscono che alcuni aspetti di rassicurazione portino più benefici rispetto ad altri. E’ prioritario quindi, da parte del professionista, individuare comportamenti non coerenti tra problema riportato ed effettivamente riscontrato dal professionista; fornire chiare informazioni e conseguente prognosi sul disordine riportato; esplicitare l’esclusione di patologie gravi; discutere insieme il piano di trattamento da affrontare.

Per provare a indirizzare al meglio la ricerca futura, gli autori propongono l’utilizzo di un modello di rassicurazione in relazione agli outcomes basato sui dati di questa revisione, combinati con altre teorie. Nello specifico, sono dettagliati le componenti relative alla fase della visita e gli outcomes a breve, medio e lungo termine.

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Analizzando il modello, il blocco di frecce blu in basso è da riferirsi alle caratteristiche del paziente e ai problemi che porta con sé. Ogni persona, quando espone un disordine, differisce da un’altra per via di come sono vissute le interazioni di fattori psicosociali, esperienze passate, educazione, conoscenze, salute generale, tipologia del dolore, situazione dei sintomi, mantenimento delle funzioni. Questi elementi sono presenti sia durante il consulto sia in tutti gli stage relativi agli outcome.

C’è una grande evidenza che supporta l’associazione tra le caratteristiche del paziente e i suoi comportamenti durante la fase del consulto così come la sua prognosi. Il blocco delle frecce blu in alto si riferisce al clinico e alle sue caratteristiche di setting clinico. Le peculiarità tipiche della persona, i propri orientamenti, la consapevolezza del ruolo da mantenere, le convinzioni sulle credenze del paziente, i fattori legati al proprio lavoro così come lo stress sono componenti che incidono sul consulto.

La visita si divide in due fasi: ottenimento dei dati e dare informazioni. Nel primo stage – Data gatheing (ottenimento dei dati) – il professionista è coinvolto nell’identificare i sintomi esposti dal paziente; cerca di carpire preoccupazioni, livelli alterati di sensibilità ed eventuali percezioni di malattia; stabilisce eventuali nessi causali; considera le prospettive future e, se ritiene opportuno, esegue l’esame fisico. Il paziente espone la propria condizione clinica descrivendo il problema e l’impatto che ha su di lui. Esprime le sue credenze, preoccupazioni e richieste. Questo primo step influisce sul secondo sia nei termini di condotta del clinico che nei comportamenti del paziente.

Nel secondo stage – Information giving (elargire informazioni) – il clinico propone una rassicurazione empatica e cognitiva. Queste tipologie di comunicazione si ripercuotono sia negli outcomes immediati (soddisfazione, percezione di sostegno, fiducia nel professionista interpellato, riduzione dello stato ansioso, aumento della conoscenza del proprio problema, miglioramento del controllo così come della propria autonomia, cambiamento nelle credenze errate) che negli outcomes a medio e lungo termine.

La rassicurazione cognitiva può considerarsi efficace quando il paziente capisce la genesi del suo problema e aumenta il proprio livello di conoscenza, accresce il senso di controllo nella gestione della condizione dolorosa e cambia le sue credenze errate.

Rimane ancora da decifrare se i cambiamenti a breve termine come soddisfazione, percezione di sostegno e riduzione dello stato ansioso, migliorino o peggiorino in rapporto ad outcomes di medio e lungo termine; così come se la rassicurazione cognitiva può essere dispensata indipendentemente da quella di stampo emotivo.

La revisione dimostra come alcune delle interazioni clinico-paziente all’atto del consulto siano da ricollegarsi agli outcomes del paziente. C’è sufficiente evidenza per suggerire che la rassicurazione di tipo cognitivo sia un aspetto importante della visita. Dare informazioni chiare e definite in merito al problema migliora gli outcomes del paziente sia a breve che lungo termine. I risultati sollevano anche la questione su quale impatto abbia la rassicurazione empatica, la quale sembra collegata solo ad outcomes a breve termine.

Gli autori propongono, per il futuro, l’introduzione di misure valide, ripetibili ed esaurienti sia per la rassicurazione cognitiva che emotiva. Saranno necessari studi osservazionali, longitudinali e sperimentali, per comparare gli effetti della rassicurazione sugli outcomes del paziente. Tutto ciò dovrà essere investigato creando sottogruppi distinti. Data la natura non specifica di alcune patologie mediche, rassicurare il paziente in maniera efficace rimane uno degli obiettivi primari della ricerca per cercare di migliorare la loro qualità di vita.

Michele Monti – Fisioterapista, OMT

Pincus T, Holt N, Vogel S, Underwood M, Savage R, Walsh DA, Taylor SJ. Cognitive and affective reassurance and patient outcomes in primary care: a systematic review. Pain. 2013 Nov;154(11):2407-16.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23872104

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