Fattori predittivi di un outcome scarso nel dolore femororotuleo

Il dolore femororotuleo (PFP) è un disturbo cronico in molti casi. Di conseguenza, è importante conoscere il decorso clinico di questa condizione per identificare i pazienti a rischio di cronicità e per impostare un trattamento corretto. Il PFP potrebbe essere un precursore dell’artrosi femororotulea. Questi due disturbi hanno caratteristiche comuni per quanto riguarda i sintomi e la biomeccanica, come l’alterazione dell’allineamento dell’arto inferiore e della rotula, la rigidità degli hamstring e la riduzione della forza del quadricipite.

L’obiettivo di questo studio, con un follow-up a 5-8 anni, è stato 1) descrivere la proporzione di soggetti con recupero scarso, 2) identificare se i soggetti con PFP hanno segni radiologici di artrosi femororotulea e 3) determinare gli indicatori prognostici di un outcome scarso nelle misure soggettive del dolore, dei sintomi e della funzionalità.

Sono stati inclusi nello studio soggetti con esordio insidioso del dolore perirotuleo o retrorotuleo e dolore presente da più di 6 mesi provocato da almeno 3 delle seguenti attività: fare le scale, eseguire lo squat, correre, pedalare e mantenimento prolungato della posizione seduta con le ginocchia flesse.
Le misure di outcome utilizzate sono state la VAS, la Anterior Knee Pain Scale (AKPS), il Knee Injury and Osteoarthritis Outcome Score (KOOS) e il Functional Index Questionnaire (FIQ). Al follow-up a 5-8 anni sono state effettuate le radiografie di ginocchio anteroposteriori e laterali in carico e l’assiale di rotula (proiezione di Hughston view, con il ginocchio flesso a 45°).

Il 43% dei soggetti ha riportato un outcome favorevole, mentre il 57% un outcome scarso. Il 98% dei pazienti non presentava segni radiologici di artrosi al ginocchio; questo risultato non conferma quindi l’ipotesi che il PFP sia un precursore dell’artrosi femororotulea. Una durata maggiore dei sintomi (> di 12 mesi) e un punteggio basso nell’AKPS al baseline sono stati associati con dolore e gravità dei sintomi maggiori nel lungo termine. La percentuale elevata di soggetti con dolore al follow-up a 5-8 anni evidenzia come il PFP non sia un disturbo auto-limitante. Quindi, nonostante alcuni studi abbiano mostrato l’efficacia di alcune strategie di trattamento nel breve termine (esercizio terapeutico, plantari, etc.), i risultati di questo studio evidenziano l’importanza di educare i pazienti con aspettative più realistiche. Ad esempio, Rathleff (2015) ha recentemente mostrato che associare l’esercizio terapeutico all’educazione del paziente migliora l’outcome a 2 anni negli adolescenti con PFP.

Una diagnosi e una gestione precoce del PFP, utilizzando strategie di trattamento efficaci, sono quindi necessarie per ottimizzare la prognosi nel lungo termine.

Lankhorst NE, van Middelkoop M, Crossley KM, Bierma-Zeinstra SM, Oei EH, Vicenzino B, Collins NJ. Factors that predict a poor outcome 5-8 years after the diagnosis of patellofemoral pain: a multicentre observational analysis. Br J Sports Med. 2015 Oct 13.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26463119

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