Congresso WCPT 2019

4300 delegati, 1864 tra relatori e moderatori, 2033 abstract inviati, 364 revisori degli abstract, 200 volontari, 964 borse d’onore. Questi sono alcuni numeri del Congresso mondiale del congresso del World Confederation for Physical Therapy (WCPT) del 2019, svoltosi a Ginevra dal 10 al 13 maggio.

Purtroppo, la scelta di una sede molto costosa ha limitato inevitabilmente le presenze rispetto alle scorse edizioni, ma l’obiettivo primario è stato raggiunto. Condivisione, globalizzazione, rispetto, per una crescita professionale a 360 gradi.

L’obiettivo del Congresso, a detta anche della Presidente riconfermata Emma Stokes è l’espressione pratica di un motto del WCPT:

We meet, we connect, we share, we talk, we laugh, we dine, we create lasting friendship – and because of that, we are better”.

Il tutto si è tradotto nella realizzazione di un evento volto a celebrare non solo la nostra professione, ma anche la nostra umanità.

Le tre donne che hanno coordinato e condotto egregiamente il grande numero di colleghi provenienti da tutto il mondo, attraverso un’esperienza professionale di confronto unica nel suo genere, sono state Emma Stokes, Pia Fankhauser (Presidente dei Fisioterapisti Svizzeri) e Charlotte Häger (Presidente della Commissione del Programma del Congresso)

Il Congresso è stato organizzato in sessioni distinte di ambiti diversi: muscoloscheletrico, neurologico, oncologico, respiratorio, pediatrico, uroginecologico e cardiologico, passando da ambiti d’interesse diversi come l’education, il management, la leadership, l’accesso diretto, fino a toccare argomenti decisamente molto attuali quali robotica e tecnologia. Anche l’ambito dei Big Data non è stato ignorato, identificandone le opportunità ed i limiti nella loro applicazione pratica. E questi sono solo alcuni degli argomenti trattati, non tutti. La parola che è risuonata maggiormente dagli organizzatori e dalle altre associazioni è stata “engaged”: coinvolgimento attivo, motivato, sentito.

A tale scopo il Congresso è stato organizzato in modo tale che oltre alle sessioni in plenaria fossero presenti anche aree di dibattito, zone deputate al lavoro a gruppi e iniziative sociali giornaliere come visite guidate della città o eventi serali, che hanno favorito enormemente l’interazione sociale dei partecipanti. Un coinvolgimento globalizzato, nel pieno rispetto delle diversità reciproche che non sono soppresse o ignorate, ma anzi integrate nel rispetto reciproco creando un momento di grande condivisione. Da fisioterapisti abbiamo dimostrato di essere in grado di ritagliarci un piccolo angolo felice, al di fuori dell’odierno clima politico e sociale internazionale, dove le differenze culturali non solo sono state rispettate, ma anzi sono diventate un utile strumento di confronto capace di darci spunti di riflessione e di mostrarci nuovi ed interessanti punti di vista, a fronte di un interesse comune in grado di unirci e renderci più forti insieme. 

Questo perché ogni volta che ci poniamo un quesito clinico ovviamente noi ragioniamo sulla base di quello che vediamo ogni giorno nei nostri setting, non pensando che esistono altre realtà, più o meno lontane da noi, in cui le sfide quotidiane che i clinici si trovano ad affrontare quotidianamente sono totalmente diverse dalle nostre. 

Aprendo la nostra mente, e pensando alla fisioterapia in un’ottica più ampia, sia geograficamente sia culturalmente, potremmo infatti pensare a come sia cambiata l’educazione ed il sistema formativo dei fisioterapisti di Haiti a seguito del terremoto del 2010, oppure al problema del mal di schiena in paesi con risorse limitate come la Nigeria. 

Essere in grado di comprendere questi aspetti, mettersi nei panni “dell’altro”, vedere la nostra professione con occhi diversi, da una prospettiva differente e riscoprirne il significato più profondo e più puro, il prendersi cura degli altri, è forse il regalo più bello che questa esperienza potesse farci. 

I delegati italiani sono stati 62, moltissimi di loro hanno presentato poster o comunicazioni orali. A detta di diversi colleghi inglesi e americani, la presenza italiana è aumentata esponenzialmente rispetto alle precedenti edizioni. Sicuramente la vicinanza geografica ha aiutato, ma la qualità delle presentazioni presentate è sicuramente indice del fatto che la nostra professionalità scientifica è migliorata e siamo pronti al confronto attivo mondiale.

Anche noi, come Master di Terapia Manuale di Roma,  abbiamo portato il nostro contributo presentando un lavoro condotto insieme al collega Domenico Angilecchia (ex studente del Master), pubblicato su BMC, riguardante la validazione di un questionario sul neck pain (Copenaghen Questionnaire) e una revisione sistematica sull’efficacia dell’approccio biopsicosociale nei soggetti con spondilolistesi. A presentare il suo lavoro, frutto della tesi del Master in Terapia Manuale, è stata la giovanissima collega Cecilia Bagnoli, che con la sua semplice e puntuale competenza ha dimostrato ai colleghi di tutto il mondo il cambiamento culturale in corso in Italia.

L’occasione ha anche permesso contatti “alla pari” con prestigiosi colleghi internazionali come, per citarne solo alcuni, Jeremy Lewis, Peter O’ Sullivan e Mark Hancock. La possibilità di confronto è sintomo di crescita e l’alto livello scientifico delle presentazioni ha permesso anche un aggiornamento stimolante.

In definitiva quindi riferendoci al Congresso non possiamo che definirlo un evento imperdibile per chiunque voglia confrontarsi con il panorama mondiale della fisioterapia, rimanendo al passo con le evidenze scientifiche più recenti in ambito internazionale, e per chiunque voglia arricchirsi professionalmente e personalmente riscoprendosi come parte di un qualcosa che è molto di più di un gruppo, molto di più di una comunità, direi quasi di un’enorme e variegata famiglia. L’appuntamento è per Dubai 2021. Noi italiani saremo sicuramente presenti e non mancheremo a questo appuntamento prestigioso.

Francesca Bonetti – Fisioterapista, OMPT
Cecilia Bagnoli – Fisioterapista, OMPT

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