Comprendere l’instabilità cronica di caviglia

La distorsione di caviglia (LAS) è un infortunio molto frequente nello sport. Nonostante sia spesso percepito come un infortunio minore, una percentuale importante di pazienti sviluppa sintomi persistenti, condizione definita come instabilità cronica di caviglia (CAI). Nel 1965, Freeman descrisse per la prima volta un paradosso clinico per il quale un recupero scarso dopo un LAS era riportato sia in presenza sia in assenza di una instabilità meccanica. Da allora, si sono susseguiti numerosi modelli, sempre più complessi, per cercare di comprendere il CAI.

Pochi studi hanno analizzato prospetticamente il recupero dopo un LAS; di conseguenza, i fattori prognostici non sono ancora compresi. Come risultato, i contenuti dei numerosi modelli proposti per il CAI sono puramente teorici o guidati da dati trasversali. Una conseguenza inevitabile è la creazione di modelli sempre più complessi che, sebbene abbiano determinato una comprensione più fenomenologica e multicausale del CAI, non sono in grado di identificare quali variabili siano causative o associate, rendendo difficile l’applicabilità nella pratica clinica.

I risultati degli studi trasversali sembrano confermare le prime osservazioni di Freeman, ovvero che il 76% circa dei pazienti con CAI non presenta un’instabilità meccanica della caviglia. Di conseguenza, nel corso degli anni sono diminuiti gli studi sulla stabilità passiva della caviglia, con l’attenzione dei ricercatori maggiormente orientata alle componenti dinamiche del controllo sensomotorio o agli outcome riferiti dal paziente.
Purtroppo, gli studi prospettici che hanno indagato l’instabilità meccanica come fattore causativo del CAI sono limitati. Probabilmente la limitazione principale di molti di questi studi è che l’instabilità meccanica è valutata eseguendo esclusivamente i test per il legamento peroneoastragalico anteriore. Sebbene questo legamento sia il più frequentemente danneggiato, non rappresenta l’unica struttura responsabile della stabilità del complesso caviglia/piede. Infatti, le articolazioni in questa regione (caviglia, sindesmosi tibioperoneale e articolazione sottoastragalica) sono inseparabili anatomicamente e funzionalmente e stabilizzate da numerose strutture legamentose che possono essere coinvolte durante un LAS.

Una possibile soluzione per valutare la stabilità meccanica è estendere la valutazione ad altre strutture e non solo al legamento peroneoastragalico anteriore, ma pochi test sono accurati e validi. Inoltre, un problema importante è che i test sono spesso interpretati sulla base della riproduzione del dolore e non sulla stabilità articolare. L’instabilità sottoastragalica può verificarsi in associazione con l’instabilità di caviglia, ma la valutazione clinica non può differenziare queste condizioni.

I modelli esistenti del CAI sono molto completi, ma descrivono fondamentalmente un insieme di sintomi, senza identificare i fattori eziologici. L’instabilità meccanica rimane probabilmente la variabile più importante, anche se deve essere esaminata con più rigore tramite studi prospettici. Nuovi dati anatomici continuano ad emergere (ad esempio, la natura intra-articolare del fascicolo superiore del legamento peroneoastragalico anteriore) che potrebbero modificare i processi decisionali e il trattamento. Gli studi futuri dovrebbero considerare una valutazione meno superficiale dell’instabilità meccanica e prendere in considerazione tutte le strutture legamentose di piede e caviglia, con una combinazione di test clinici, imaging e, se necessario, artroscopia.
C’è molto interesse accademico e clinico per questo argomento, ma il paradosso di Freeman, presentato più di 50 anni fa, è ancora da risolvere.

Bleakley C, Wagemans J, Netterström-Wedin F. Understanding chronic ankle instability: model rich, data poor. Br J Sports Med. 2020 Oct 26:bjsports-2020-103311.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33106250/

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