Sindrome dolorosa femororotulea nei podisti

La sindrome dolorosa femororotulea (PFPS) è uno dei disordini muscoloscheletrici più frequenti nei podisti. E’ definita come una condizione clinica con dolore nella regione retro o peri-rotulea che si manifesta durante attività in carico come la corsa, lo squat e nel salire e scendere le scale, con un’incidenza maggiore nelle femmine rispetto ai maschi (Boling et al. 2010).

Sfortunatamente, al follow up a 5 e 20 anni, il dolore è ancora presente, con una conseguente riduzione dell’attività fisica, compresa la corsa. Alcune evidenze dimostrano che la PFPS aumenta il rischio di sviluppare fenomeni artrosici femororotulei (Utting et al. 2005). Di conseguenza, identificare i fattori di rischio biomeccanici che possono determinare la PFPS è fondamentale per prevenire e trattare adeguatamene questa condizione cronica.

Le evidenze suggeriscono che le femmine con PFPS corrono con un aumento di adduzione e di rotazione interna di anca. E’ stato ipotizzato, inoltre, che un’eccessiva eversione del retropiede e il conseguente valgismo di ginocchio siano associate ad un aumento dell’angolo Q. Entrambi i fattori biomeccanici (l’anca prossimalmente e il piede distalmente) possono determinare un aumento di carico nell’aspetto laterale dell’articolazione femororotulea. Mentre la cartilagine rotulea è aneurale, stress ripetuti possono irritare l’osso subcondrale, innervato, con produzione di dolore. E’ comunque difficile distinguere le cause dagli effetti.

L’obiettivo di questo studio longitudinale prospettico è stato valutare la biomeccanica dell’arto inferiore nei podisti di sesso femminile che svilupperanno una PFPS.

I risultati evidenziano che i podisti di sesso femminile che hanno sviluppato una PFPS presentavano un aumento significativo di adduzione di anca aumentata durante la fase di appoggio, ma non differenze significative nella rotazione interna di anca o nell’eversione del retropiede. Per ridurre il carico nei muscoli abduttori come conseguenza di un angolo di adduzione aumentato, i soggetti con PFPS potrebbero potenzialmente aver usato meccanismi di compenso del tronco, in particolare una flessione laterale ipsilaterale (Powers 2010). Le differenze non significative nella rotazione interna di anca, in contrasto con la letteratura recente, potrebbe derivare da una difficoltà nel misurare accuratamente questo parametro.

Aspetto interessante, mentre le referenze che relazionano la PFPS e la pronazione del retropiede sono numerose, le evidenze in letteratura su questo aspetto sono scarse. Alcuni autori ipotizzano che la pronazione maggiore si verifichi non nel retropiede (articolazione sottoastragalica), ma nel mesopiede (articolazione talonavicolare), ma anche questo parametro è di difficile misurazione. E’ interessante notare che i plantari che riducono la pronazione sono efficaci nel ridurre il dolore nei pazienti con PFPS.

In sintesi, un aumento dell’adduzione di anca è la caratteristica più significativa nei podisti di sesso femminile che hanno sviluppato una PFPS. Dato che una debolezza dei muscoli abduttori di anca è spesso associata ad un aumento dell’adduzione e alla PFPS, il rinforzo e una rieducazione neuromotoria della muscolatura dell’anca potrebbero rappresentare una strategia di prevenzione e trattamento efficace.

Noehren B, Hamill J, Davis I. Prospective Evidence for a Hip Etiology in Patellofemoral Pain. Med Sci Sports Exerc. 2012 Dec 27.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23274607

1 commento

  • Samuele Passigli

    Articolo sulla sindrome dolorosa femororotulea, incentrato sui fattori di rischio biomeccanici nelle podiste. Indipendentemente dall’obiettivo, dai risultati e dai limiti di questo studio longitudinale prospettico, è interessante la descrizione dei fattori globali, prossimali e distali, che potrebbero contribuire allo sviluppo di questa condizione clinica dolorosa, spesso cronica e che potrebbe determinare quadri di artrosi precoce. La comprensione dei fattori globali (meccanismi di compenso del tronco, deficit dei muscoli abduttori e rotatori esterni di anca, pronazione eccessiva del mesopiede, etc.) e degli eventuali fattori locali, oltre che delle differenze biomeccaniche tra maschi e femmine, è fondamentale per prevenire e trattare in modo efficace ed efficiente questa condizione clinica dolorosa e potenzialmente invalidante. Di nuovo, la tendenza è sempre più rivolta a cercare di suddividere pazienti eterogenei, anche se con segni e sintomi simili, in sottogruppi il più omogenei possibile, anche se nella pratica clinica è frequente incontrare forme “miste”. Gli aspetti interessanti sono molti. Tra questi, la differenza tra rinforzo muscolare e miglioramento del controllo motorio dei muscoli dell’anca. In alcuni soggetti, i test muscolari evidenziano una debolezza muscolare: in questi casi, uno degli obiettivi principali sarà il rinforzo. In altri soggetti, i test muscolari non evidenziano una debolezza, ma i muscoli dell’anca sono comunque incapaci di mantenere un corretto allineamento dell’arto inferiore: in questi casi, talvolta descritti in letteratura come caratterizzati da un ritardo nell’onset muscolare, l’obiettivo principale non sarà un rinforzo muscolare, ma un training con l’obiettivo di migliorare il controllo motorio.

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